Fare video è un lavoro soggettivo, ed è un problema
Durante la review di un video curato da un nostro editor junior, il Gazza se n’è uscito con una regolona che ho deciso di condividere con voi. L’abbiamo chiamata la regola dei 3 Sì.
Vado a condividerla:
“Un video prodotto dallo Studio per essere vincente deve ricevere tre diversi Sì, quello dell’Autore, quello del Direttore Creativo e quello del Cliente”
WOW direte voi, certo che lo spendete bene voi il tempo.
Lo so, messa così sembra una robetta da libro cuore delle agenzie creative, ma datemi ancora qualche riga.
Il Sì più importante come è chiaro a chiunque abbia mai prodotto un video è quello del cliente. Un Sì reale, che da solo può sopperire alla mancanza di uno degli altri Sì.
Gli altri due, però, sono basilari per la qualità video che esce dallo studio.
Il Sì del Direttore Creativo è importante perché è un Sì ampio, che guarda al quadro completo, immagina la campagna che verrà strutturata, pensa a come si inserirà nel racconto del brand, ripensa a quel primo brief con il cliente e si risponde da solo (spesso annuendo o scuotendo la testa in silenzio durante la visione).
L’ultimo Sì è però quello più autentico, è infatti l’autore del video che sa se il prodotto che è uscito rispecchia le aspettative e la visione che aveva avuto lui quando aveva iniziato la lavorazione, è sua la firma finale. Questo Sì quindi è quello che tutti noi dovremmo sempre riuscire ad avere per primo.
Il video deve prima di tutto piacere a te che lo hai realizzato.
Woody Allen – nel suo libro “A proposito di niente” – parla spesso della sua tendenza a non leggere le critiche sui suoi film, nè positive, nè negative, niet, nada, nulla. L’unica voce critica che vuole sentire è la sua, perché è lui che sa meglio di chiunque altro se quel film è uscito come se lo immaginava.
(In realtà non è così tranchant nel libro, ma il senso resta. Se non lo avete letto e amate Woody affrettatevi, se superate un bello scoglio di almeno 100 pagine tutte dedicate ai suoi problemi giudiziari con Mia, il resto è un bocconcino prelibato di filosofia filmica)
Facciamo video perché qualcuno li guardi.
A nessuno basta il processo creativo, nessuno produce video per poi metterli su un supporto dorato e nasconderlo in cantina. Il nostro godimento finale passa per il giudizio che l’utente esprimerà sul nostro lavoro.
Ma il giudizio finale, e qui sta la bad news, purtroppo, sarà sempre e solo un giudizio soggettivo.
Se cercate oggettività vi passo il numero di un mio collega che gestisce campagne di sponsorizzazione online. Numeri, numeri e numeri (poi anche lì si potrebbe ragionare su l’oggettivo, ma almeno ci sono dei numeri da leggere).
Certo si può dare sostegno alla soggettività del giudizio con l’esperienza.
Un filmaker sa quando un video non funziona, lo sente, e se è bravo sa cosa modificare per ridargli sprint (qui sta il vero discrimine tra professionisti e amatori).
Ma entriamo già nel manierismo, nell’arte artigiana della produzione video alimentata dal lavoro costante: cambia quel passaggio, velocizza lì, rallenta là, cambia musica…
Come studio produciamo un gran numero di video ogni mese. E’ una delle caratteristiche che rende belle le mie giornate. Un giorno curi la regia di uno spot di giocattoli e un altro fai lo scouting location in un’azienda di bulloni, o di vino, per dire. Questa costanza allena l’occhio. Il direttore Creativo si guarda il video (non una volta, vi prego, non solo una volta) e poi sa cosa funziona e cosa no.
Questo dal punto di vista della produzione, ma come abbiamo detto all’inizio c’è un altro Sì esterno allo studio e assai più decisivo. Quello del cliente. E qui arriva il pericolo.
Non sempre il cliente ha ragione
Tutti noi abbiamo presente la sensazione di sospensione che proviamo nel preciso momento in cui mostriamo al cliente la nostra versione puntoDEF del video.
Io per esempio sono terrorizzato dai supporti che non posso controllare. Il maxi schermo della sala riunioni del cliente o il proiettore della sala conferenze. Guardo tutto con fastidio e calcolo ogni possibile problema. Quella finestra è rimasta aperta, entrerà un raggio di luce e si rifletterà sullo schermo? Quelle casse sembrano aver passato giorni migliori, riusciranno a far sentire la splendida sonorizzazione che abbiamo messo al minuto 2? Avranno tutti spento il cellulare, ecco lo sapevo sta suonando quello del CEO, ma cosa fa? No non ci credo, sta rispondendo, che faccio fermo? Continuo? Ma soprattutto, ho preso dall’archivio l’ultima versione del video???
Il video è un oggetto di intrattenimento e i motivi per cui può o meno toccare le corde dell’anima sono molteplici.
Può solleticare una tua pulsione personale.
Può ridestare un tuo sogno di quando eri bambino.
Può essere stato girato con gli sfondi del tuo colore preferito, oppure (succede vi giuro) può essere recitato da un attore o da un’attrice che ti fanno impazzire e tanto basta.
Però può anche non piacerti. Il giorno della riunione pioveva e come ogni bravo venditore di case sa, il meteo influisce sul processo di acquisto, oppure è lunedì e ti girano le balle (segnatelo, mai far vedere un video ai clienti il lunedì), il colore che abbiamo usato come sfondo ti irrita, l’attrice o l’attore (è successo vi giuro) proprio non vi piacciono, magari perché lui “somiglia troppo al nostro ex capo commerciale che io tra l’altro odiavo”.
Insomma l’avrete capito, siamo dentro l’ambito del soggettivo e non voglio romanzarvela, ci sono mille considerazioni più strategiche che vanno oltre il “mi piace, non mi piace”, ma sono e restano comunque considerazioni fatte nell’ambito di una scienza (il marketing) imperfetta, sorprendente (nel senso che spesso regala sorprese) e molto poco oggettiva.
Spesso il punto di incontro vero non esiste e una delle due parti deve fare uno sforzo per accettare la visione dell’altra ricordandosi da una parte che nessuno conosce il cliente meglio del cliente stesso e dall’altra che chi ha prodotto il video è un professionista e (probabilmente) conosce l’arte del video meglio di chi adesso la sta giudicando.
Lo so l’articolo finisce senza una vera e propria soluzione ma ve lo avevo detto fin dal titolo che era un problema.
Vi lascio con questo video che parla al cuore di tutti noi raccontando questa vera verità