Come ti faccio rinascere un brand
Volkswagen chiude il 2019 salutando la sua icona numero uno, il mitico Maggiolino e lo fa con un produzione video che strizza più l’occhio al cortometraggio che non all’advertising, ma durante tutto l’anno il brand ha creato una comunicazione talmente efficace e emozionale da far nuovamente innamorare il pubblico di un brand che dopo lo scandalo del dieselgate non godeva proprio di ottima reputazione.
Come ci è riuscita?
Secondo me così:
- chiedendo scusa
- promettendo in grande
- facendo bene i compiti
- sfruttando gli anniversari per rinnovare e rinsaldare i legami con il suo pubblico
- raccontando grandi storie che già esistono senza bisogno di inventarsele
- comunicando con straordinari video
Non è poco vero?
Partiamo dall’inizio.
Volkswagen Usa per il 2019 si affida all’agenzia creativa JohannesLeonardo , a giugno 2019 il brand lancia il primo video firmato dall’agenzia.
È lo spot “Hello light” e fa parte della campagna chiamata “Rebirth” Rinascita.
https://vimeo.com/344639514
Tutto il video ha un sapore religioso, quasi sacrale, in un moto visuale dall’oscurità verso la luce, inquadratura dopo inquadratura, dal peccato al perdono.
Il protagonista è un ingegnere, un designer, il brand fatto uomo. Il primo audio che sentiamo sono stralci radiofonici giornalistici in cui si parla di Dieselgate, poi un interruttore spegne tutto, nero e silenzio.
La colonna sonora, che inizia a questo punto, è quella ”The sound of silence” di Simon & Garfunkel.
“Hello darkness my old friend, I’ve come to talk to you again….”
Per il brand umanizzato è tempo di rimettersi a lavoro, lontano dagli scandali e dal vociare dei media, l’unico modo per chiedere perdono è quello di trovare una risposta, fare qualcosa di grande che sostenga una nuova promessa. L’ispirazione a rinascere, dopo fatica e tentativi falliti si trova nella propria storia, nel design dei vecchi modelli combinato alla nuova tecnologia.
“In the Darkness, we found the Light”, il payoff sembra quasi una massima confuciana oppure la confessione di chi ha preso un duro colpo dalla vita ma ha deciso di rialzarsi.
La genialità di questa storia sta nell’aver umanizzato lo scandalo rendendolo un fallimento, tutti noi sbagliamo e se anche il brand in fondo è fatto di uomini, allora può sbagliare.
L’auto, il prodotto, arriva alla fine, a significare che la promessa non è fatta solo di parole, ma di lavoro e fatica, e qualcosa che già esiste.
La promessa è lì, nei lampi di genio mostrati nel video , nei fari di una concept car elettrica, I.D. Buzz il pronipote futuristico (atteso per il 2022) del mitico Microbus.
L’advertising riprende infatti non solo il design della vettura d’epoca, ma anche la sua pubblicità su carta.
La strada nel cuore del pubblico è ancora in salita, ma questa campagna è davvero un grande inizio!
Luglio 2019 è la data di lancio della campagna Drive Bigger
https://www.youtube.com/watch?v=aPxWQB40gw4
Ecco un esempio di Spot Manifesto, qui il brand racconta una sua idea, quella di fare qualcosa di più grande, e lo fa con un video dove il voiceover e le immagini scelte (molte probabilmente stock footage) giocano un grande match a tre, tra loro e con il pubblico, per strappare sorrisi e far pensare a come la Grandezza non sia legata alle dimensioni ma alla qualità delle azioni che facciamo.
A essere più grandi persino delle meraviglie naturali, sono le nostre buone azioni: donare, sostenersi, aiutarsi ed essere green!
Ragazzi ma con che brand messianico abbiamo a che fare!?
Ma non ci sono solo le parole, anche i fatti, ricordate che se un brand non fa i compiti poi qualcuno se ne accorge.
Quindi in US c’è anche il Drive Bigger event, lanciato con uno spot dal tono amichevole e conviviale.
Il brand ha già chiesto scusa e ora riflette su se stesso, parlando col proprio pubblico, chiedendosi e chiedendo all’inizio dello spot “what’s the role of a car company?” qual è il ruolo di un un marchio di automobili?
La risposta non è portare i figli a scuola, ma qualcosa di più grande (Bigger), come aiutare gli insegnanti, coloro che renderanno i nostri figli migliori di noi.
VolksWagen, quindi, da vita a una campagna di donazioni che fino ad oggi ha sostenuto più di 350.000 studenti, più di 3.000 insegnati grazie a oltre 230.000 dollari donati.
Sì, sono stati bravi a fare i compiti.
https://www.youtube.com/watch?v=o050BBtOu40
Altra grande mossa del brand è stata piazzarsi bene con un prodotto comunicativo durante un grande anniversario come quello dei 50 anni della missione Apollo 11
Lo spot dal titolo “A new mission” spinge ancora più avanti la promessa della campagna Drive Bigger, se 50 anni fa eravamo ossessionati dalla Luna, ora è il momento di dedicarsi alla Terra.
Il video è prodotto con immagini di repertorio e un sapiente uso di compositing e motion graphic su una serie di fotografie d’epoca, la tecnica permette di dare movimento alle immagini quindi evitando la noia della staticità ma conservando intatto il sapore vintage.
Il colpo di genio anche qui sta nella colonna sonora, chi non si emoziona con il grande David Bowie… Sulle note di Space oddity ripercorriamo ricordi di un momento storico in cui l’umanità, o almeno l’umanità del blocco NATO, si sentiva vicina e unita da un grande sogno, quello di conquistare la Luna. Oggi la missione è nuova è ha al centro la terra.
E dopo questo bel payoff retorico ma che non guasta mai ecco che VW snocciola il suo grande piano, che la porterà a essere una compagnia carbon neutral nel 2050 (promessa lontana) investendo 23 miliardi di dollari nell’elettrico entro il 2023 (promessa vicina) e espandendo lo stabilimento di Chattanooga (promessa verificabile)
Faccio un piccolo salto al novembre 2019.
Quando una promessa, come quella su Chattanooga, è verificabile, è meglio averne cura.
Vw per questo da vita a una sottocampagna video di Drive Bigger ovvero The People Behind The Car.
Eccovi qua i 3 ottimi video della campagna
https://www.youtube.com/watch?v=cDnn4rng6gM
https://www.youtube.com/watch?v=bxgpeuyct8s
https://www.youtube.com/watch?v=DBNAY72nI58
Sono tutti bellissimi esempi di video storytelling, no fermi non scappate, so che questa parola fa paura ma non dovrebbe, è stata solo usata molto male negli ultimi anni ovvero in un senso sbagliato.
Lo storytelling è l’arte di raccontare bene una storia, una storia che già esiste!!!
Tutto il resto, davvero, tutto il resto è story design o story crafting, è “costruire una storia”, fabbricarla scrivendo da zero e dando anima con idee e parole e corpo – almeno in un video – con immagini e musica.
Stop.
Scusate è uno sfogo di cui avevo bisogno.
La bellezza di questi storytelling è la capacità di fondere le testimonianze, il racconto di vita dei protagonisti, con il sistema valoriale sposato dal brand che è parte integrante della promessa al pubblico.
Cura, dedizione al lavoro, passione, umanità.
I testimoni sono anche testimonial di questi valori, con il rodato meccanismo comunicativo che se a dirti che la verniciatura delle auto è impeccabile è un’addetta del reparto verniciatura tu ci credi di più che se te lo dice il commerciale o anche il CEO dell’azienda.
L’unica pecca che trovo, ma è una deformazione professionale, è che del testimone sentiamo solo la voce.
Vediamo belle immagini di copertura in slomo che raccontano la sua vita e il suo lavoro, ma non lo vediamo in faccia mentre parla; la sua presentazione è affidata a un ritratto finale con tanto di nome e firma in una posa dal tono lievemente epico anche qui sottolineato dallo slomotion.
E se la voce non fosse la sua? E se l’intervista fosse falsa? E se anche questa storia non fosse un racconto (storytelling) ma una brillante fiction (story crafting)?
In fondo non ha importanza perchè le emozioni che suscita nel pubblico, il senso di vicinanza, la comunione di valori come la passione per il lavoro fatto bene e la fiducia, sono tutte vere; e tanto basta.
Torniamo adesso agli anniversari …
È settembre 2019 e sono anche i 50 anni dall’album Abbey Road dei Beatles, quello delle strisce pedonali e di Paul scalzo, e lasciamo da parte i complotti.
Questo è l’unico pit stop del nostro viaggio in cui non c’è un video e non c’è VolksWagen Usa e non c’è la JohannesLeonardo ma c’è sempre VW, stavolta Svezia, e c’è un vinile e un’idea narrativa e visiva brillante.
Sulla sinistra, dietro George Harrison, c’è un bel Maggiolino parcheggiato male, mezzo in strada e mezzo sul marciapiede, qui la multa è sicura e la cover è un’altro pezzo di storia di quel modello d’auto.
Per festeggiare l’anniversario VW Svezia non ripubblica il disco ma la copertina in cui parcheggia per bene il maggiolino chiamando l’operazione abbey road Reparked Edition perché 50 anni dopo per fortuna c’è la tecnologia Park Assist 🙂
Pronti per il grand finale?
Torniamo in Usa, siamo a dicembre, alla fine del mese, dell’anno e anche alla chiusura definitiva della produzione del Maggiolino, la mitica Beetle, dopo oltre 70 anni.
Come si saluta un’icona?
VW lo fa sempre con Johannes Leonardo con un cartone animato, “the Last Mile” l’ultimo miglio, una video animazione dal tratto dolce e dalla storia inevitabilmente strappalacrime.
Il protagonista non è il Maggiolino, o meglio lo è ma ha prima un altro ruolo, quello di compagno.
L’eroe della storia è un bambino, che corre da suo padre che ha appena acquistato un’auto nuova. Poi il bambino cresce e il padre gli insegna a guidare, sempre su quell’auto. Poi il giovane figlio dei fiori gira l’America e va a Woodstock, sempre con la stessa auto, e via così, amori, casa, figli fino a che non è un nonnino.
La storia di una persona che ha avuto un Maggiolino, un auto che ha segnato i momenti importanti della sua vita COME QUELLI DELLA VITA DI MOLTI ALTRI.
Una storia per ripercorrere la Storia, quella di un paese e quella di un’auto. Al secondo 0:12 appena lasciato Woodstock il Maggiolino è solo nell’inquadratura e si muove in alto a sinistra, un’eco della grande campagna pubblicitaria Think Small? Secondo me si.
Colonna sonora: Let it Be dei Beatles, eseguita dalla Pro Musica Youth Chorus (ah il futuro è dei nostri ragazzi) e intanto nel video vediamo i cameo di Kevin Bacon, che guida proprio un Maggiolino in Footloose, e di Andy Wharhol che utilizzò Beetle nella sua serie di Ads datata 1985.
C’è spazio per tutti, ma non per il numero 53, ve lo ricordate Herbie il Maggiolino tutto matto, la serie filmata dalla Disney?
Non mi capacito della mancata citazione anche se mi consolo, alla fine dello spot il Maggiolino se ne va da solo, senza nessuno al volante, abbandonando il nonnino per percorrere l’ultimo miglio, in giro per l’America e a spasso nel tempo, un po’ come un grande giocatore a fine carriera fa l’ultimo giro dello stadio, per raccogliere applausi, baci e sorrisi.
Tra la folla torna il payoff Think Small, tra le mani di una bambina sulle spalle di un robusto ragazzo di colore (mamma mia quanto politically correct c’è qui), poi il bagno di folla e il cartello Not a Lemon (sempre cit. di una vecchia campagna di successo) e infine il Maggiolino vola, ascende al cielo, e prima di scomparire per un momento diventa una coccinella … Beetle vuol dire scarabeo ma c’è poca dolcezza negli scarabei.
E adesso, dopo averci coccolato, riempito di ricordi dolci e di speranza per il futuro arriva il Payoff sotto il logo e una sagoma di auto “When one road ends, another begins.” (Quando una strada finisce, ne inizia un’altra)
In un solo anno VW ci ha fatto dimenticare delle sue colpe nel Dieselgate, ci ha fatto una grande promessa e ci ha fatto emozionare, e il pubblico ha perdonato o scordato tutto.
Non credo ci sia una morale della favola, ma la comunicazione, quella video in primis, quando è fatta bene, con grandi idee e grandi storie può cambiare la percezione di un brand e farlo rinascere.
Bravò!