Non fate video per voi stessi, sennò non è marketing ma arte, anche se…
Tutti i giorni mentre vado a lavoro in motorino ascolto Spotify.
Ho però da sempre le braccine corte e non riesco mai ad arrivare al portafoglio per pagare i soldi della versione premium. Proprio non ci riesco.
Questo pur consapevole del fatto che dovrò ascoltarmi ogni 10 minuti la voce femminile di spotify che mi chiede di passare alla versione a pagamento.
Per chi come me ha questo problema delle braccine corte ma comunque ascolta imperterrito la musica in streaming, non svelerò l’arcano dicendo che alcuni dei testi che vengono letti sono, a voler essere magnanimi, raccapriccianti.
Ecco di seguito, a memoria, il mio preferito:
“Prima un piede, poi un altro, saltare è come correre, ma più divertente! Passa a Premium e potrai saltare quanti brani vuoi”
Questa è solo la punta dell’iceberg, tra “siti di gatti che fanno business” e musica che puoi ascoltare “anche in un sottomarino, un luogo perfetto per dei bassi profondi”.
Insomma, vomito.
Concorderete.
C’è chi ha dato una spiegazione a tutto questo dolore inferto, immaginando che il fine di quegli annunci sia proprio di risultare tediosi, fastidiosi, urticanti, così da spingere l’utente a passare finalmente alla versione Premium salvandosi dal supplizio.
Il video della vostra campagna è giusto quando piace al vostro target
Non so se la spiegazione sia questa, fatto sta che da più di un anno questi annunci mantengono il loro livello di dolore.
Spotify, sono sicuro, controlla le conversioni che avvengono dopo l’ascolto di uno di questi spot e se non cambia strategia vuol dire che qualche dato gli da ragione.
Probabilmente c’è qualcuno che trova questi spot esilaranti, da qualche parte c’è un ragazzo stiloso che, mentre ascolta la colonna sonora di Rocky pompando sui suoi bicipiti, ride come un matto pensando ai podcast di gatti che fanno business.
Forse.
Non so.
Il mondo è bello perché è vario.
Ma soprattutto, il prodotto della vostra campagna di marketing è giusto quando piace al vostro target, quando raggiunge gli obiettivi, non quando piace (solo) a voi.
Tutto easy, ma poi arrivano i video, arrivano i filmaker.
I Filmaker sono gli unici animali sulla terra che dopo aver consegnato un video, esserselo fatto approvare, essere stati pagati, aver salutato tutti con grandi sorrisi e pacche di apprezzamento, rimettono comunque mano al proprio lavoro per far uscire una versione Director’s Cut.
Perché?
Perché nessun filmaker nasce facendo marketing.
Tutti ci avviciniamo ai video tramite la settima arte o per quelli più giovani (e più giusti) attraverso Youtube, Vimeo, Vine, guardando videoclip, video art, video di viaggio e chi più ne ha più ne metta.
I commercial sono ancora un punto di arrivo a metà tra l’artistico e il commerciale, ma i corporate? I video prodotto? I video fieristici?
Certo esistono corporate che sono pura arte e video fieristici che vuoi mostrare alla tua ragazza, ma più spesso l’esigenza di campagna del tuo cliente non combacia perfettamente con la tua aspirazione artistica e il target a cui parla il tuo cliente non sei te, non ti ci avvicini manco per nulla, non ha i tuoi gusti, nè le tue aspirazioni, non ti assomiglia, punto.
E quindi?
E quindi se vuoi fare bene il tuo lavoro cerca di produrre video che si abbassino al livello del tuo target (è una domanda trabochetto, non ti fermare)
Giusto?
No!
La bellezza di un video deve prescindere dall’oggetto che va a pubblicizzare
Tutto questo pippone potrebbe sembrare logico e intuitivo, ma manca di una considerazione: i filmaker e le agenzie di produzione video esprimono (o dovrebbero) una loro visione del mondo video. Quella visione devono riuscire ad applicarla a tutti i prodotti che escono dal loro studio di produzione.
Tutti sogniamo di produrre solo commercial stilosi in ambientazioni strafighe, con outfit coloratissimi e copy super catchy, ma non va sempre così ed è proprio nel riuscire a mettere lo stesso piacere e la stessa cifra stilistica in ogni prodotto che esce dallo studio che la sfida giornaliera viene vinta.
Il messaggio del video non necessariamente deve parlare a te.
Il messaggio deve raggiungere il target per cui è pensato e magari quel target proprio non sei tu.
Ma la scatola magica dentro cui il messaggio viene inviato invece, quella sì, deve rispecchiare il tuo gusto, deve renderti contento.
Le possibilità che il video ci offre oggi sono infinite, c’è sempre un modo per rendere “bello” un video, anche se parla di vendita di bulloni, anche se si rivolge agli over 80 o agli under 10, c’è sempre il modo.
Combattiamo insieme la battaglia contro l’appiattimento dei format.
Tiriamo fuori la creatività.
Non diamola vinta al Ferretti.
La qualità non c’ha rotto il cazzo!